"Mamma non c'è più"
Su una linea temporale abbastanza lunga, il tasso di sopravvivenza di tutti scende a zero. Anche quello di una mamma.
C'è una frase di Fight Club che di tanto mi piaceva rileggere ad alta voce: su una linea temporale abbastanza lunga, il tasso di sopravvivenza di tutti scende a zero .
Il problema ovviamente è che non sai mai quando questa linea sia lunga o breve. O quella di chi ti sta vicino.
La “mia” linea si è interrotta due settimane fa, e qualche ora.
Senza preavviso.
Un aspetto della vita e della morte che conosciamo da millenni, che studiamo e raccontiamo, che sperimentiamo tutti più o meno da vicino, ma che per la maggior parte del tempo preferiamo ignorare, giocando a quelli immortali che sono alle prese con problemi davvero seri - tipo il blocco di Chat Gpt in Italia, la campagna della Venere di Botticelli o la musica sparita da Meta e varie cose di questo tipo.
Sei lì che bevi una birra, che pianifichi il tuo futuro, che finalmente pensi che le cose stiano girando nel verso giusto, e in un attimo ti trovi dietro la porta di un reparto di rianimazione.
Un attimo ancora e una ragazza gentile, un medico, ti dice che c’è stato un problema e stanno iniziando le operazioni manuali per il massaggio cardiaco.
Un attimo ancora e ti dicono di accomodarti perchè ti devono parlare.
Un attimo e ti dicono “fine”, non c’è più niente da fare, che la linea si interrompe lì, in una serata di pioggia. Anche se non te lo aspettavi e mai ci avresti pensato.
Era la mia compagna.
Aveva 43 anni. Venti li aveva passati accanto a me, giorno e notte, tra mille casini e mille avventure.
Ed era la madre dei miei figli: tre fantastici bambini di 3, 10 e 12 anni.
Ecco, loro, a questa fottuta linea che si può interrompere in un attimo, che può essere corta, cortissima, ingiustamente spezzata, non ci avevano mai pensato.
È toccato a me spiegarlo. Anche se è chiaro che certe cose non le puoi proprio spiegare, tantomeno farle capire.
Alle 4 di notte. Appena lasciata la loro mamma su un lettino di quelli dove non c’è più niente da fare.
Io che entro a casa. Da solo.
Loro che scendono e chiedono se è tutto ok.
Io che non so che dire. E tiro fuori la più stereotipata e vera cosa che si possa dire: “Mamma non c’è più.”
Loro non ci credono.
Della linea che si interrompe non ne sapevano niente. Tantomeno di una linea così importante.
Memento mori
Un detto antico, latino, stoico.
Un condensato della frase che Chuck Palahniuk ha messo in Fight Club: su una linea temporale abbastanza lunga, il tasso di sopravvivenza di tutti scende a zero.
Pensaci. Ricordalo. Non per deprimerti ma per ricordarti di vivere sin quando puoi.
Era anche il tatuaggio che avevo scelto e che avrei dovuto fare in questi giorni.
Glielo avevo promesso, un tatuaggio.
Un fioretto per essere riusciti in un’impresa che qualche anno fa, agli inizi della nostra storia, ci pareva insperata: comprare casa.
Neanche venti giorni fa ci eravamo riusciti. Una villa bellissima (almeno per noi), in un angolo di paradiso con cento ulivi che guardano il mare.
“Allora? Hai scelto il tuo tatuaggio?” mi diceva.
E io da subito dissi quello lì, “memento mori”.
Con tanto di teschio a metà tra il macabro e il pacchiano.
Chi mi conosce, chi mi ha già letto, sa che non lo dico adesso ma che ho sempre cercato di tenerlo presente. E di costruire intorno a questo la mia vita e il mio lavoro.
Ho smesso da anni di parlare di tante cose tecniche che pure mi sono utili ogni giorno, che uso con aziende, che insegno, e di provare a parlare e ragionare di qualcosa di diverso: un nuovo modo di intendere le nostre vite e il tentativo di costruire intorno, non come priorità, le nostre carriere.
Qualche mese fa avevo iniziato a parlarne con Giovanni in un podcast improvvisato e poi abbandonato che oggi mi pare tanto sensato.
In Yolo Zone parlavamo di questo: ripensare il modo in cui guadagniamo soldi, il modo in cui spendiamo le nostre vite.
Oggi mi pare tutto più sensato, meno naif, meno romantico e molto più pragmatico.
Ai miei bimbi cerco di dirlo ogni giorno, prima che mi mandano affanculo, l’importanza di godersi i momenti e l’importanza di avere avuto momenti felici, significativi nel nostro passato.
Tracciando un bilancio sono fiero di avere vissuto venti anni veri, forti, insieme, mettendo al primo posto noi e la nostra famiglia.
Anche a scapito del lavoro.
Anche a scapito di più soldi, visibilità, reputazione.
Tempo fa un amico di grande esperienza mi ha detto di stimarmi per questo. Per avere il coraggio di fare le cose in modo diverso, di non combattere a tutti costi i propri limiti e le proprie paure ma costruire intorno la mia vita.
Mi ha fatto piacere sentirmelo dire, è un sollievo oggi pensarci. Anche se in certi momenti il fatto di aver vissuto così spudoratamente felice mi deprime ancora di più.
Una cosa sola
Qualche settimana fa ho rivisto “Scappo dalla città”. Avevo così tanta voglia di rivederlo da fare anche non so che iscrizione a uno dei canali tematici di Amazon Prime.
E c’è quella scena magica che ogni volta mi rapisce.
Quella dove a un certo punto Curly, il cowboy burbero, ferma il cavallo e si gira verso Mitch, il cittadino confuso.
Curly: Tu lo sai qual è il segreto della vita?
Mitch: No. Qual è?
Curly: Questo. [Mostra un dito]
Mitch: Il tuo dito?
Curly: Una cosa. Soltanto una cosa. Tu tienila stretta e tutto il resto può anche andare a p***ane.
Mitch: Già, certo, ma qual è questa cosa?
Curly: Questo sei tu che lo devi scoprire.
Io sono sempre poco incline nel dire di avere capito le cose ma credo che questa l’avevo capita già tanti anni fa, e la capisco ancora di più adesso.
Ma soprattutto penso che questa cosa dovremmo capirla tutti, e in fondo non è neanche così difficile da capire.
Forse basterebbe partecipare a meno convegni sul futuro, sul mondo del lavoro, sulla salute mentale, e guardarsi un po’ intorno.
Guardare quante linee, vicine o lontane, si interrompono in un attimo, mettere in prospettiva e comprendere quali siano le priorità.
La sera, sempre prima che mi mandino a quel paese annoiati, provo a spiegare anche questo ai miei bambini.
Che non c’è tempo da perdere in cose che non ci interessano. Che non possiamo permetterci di stare male per cose che non meritano né affanno né attenzione.
Lo dico la sera ai bambini, tra un racconto di mamma, una lacrima e una birra. Ma sono discorsi anche da grandi.
L’AI che ci ruba il lavoro, la genitorialità in azienda, la cultura aziendale, il welfare e prendersi cura delle persone, il business…
Se pensassimo di più a quella fottuta linea sono quasi convinto che potremmo trovare molte più soluzioni di quelle che oggi abbiamo immaginato.
La smetteremmo ad esempio di parlare di work life balance e di pensare alle persone come individui slegati da tutto ciò che di terreno c’è, di brutto e bello: affetti, paure, gioie enormi; e naturalmente anche morte.
La smetteremmo di ragionare in modo binario e di credere al futuro per come ne parlava Bierce nel “Dizionario del diavolo”: quel periodo di tempo in cui i nostri affari prosperano, i nostri amici sono sinceri e la nostra felicità assicurata.
La smetteremmo di posticipare sempre ciò che conta. Di credere sia giusto e inevitabile sbattersi per un tot di anni per poi godersi la vita.
Su una linea temporale abbastanza lunga, il tasso di sopravvivenza di tutti scende a zero .
Forse basta questo per cambiare.
* Grazie a tutte le persone che mi sono state e mi sono vicine. A chi mi scrive ogni giorno. A chi mi chiama ogni giorno anche se non rispondo. A quel pazzo che si è preso un aereo un’ora dopo aver saputo la notizia per starmi accanto. A chi anche in un momento così difficile, anzi proprio in un momento così difficile, dimostra che possiamo lavorare, portare avanti progetti e business senza per questo perdere la nostra umanità.
** Per coloro ai quali non ho risposto: io e i bimbi stiamo bene e “no, grazie ma non abbiamo bisogno di soldi”.
Se vuoi puoi sottoscrivere uno dei piani disponibili e dirmi, anche in modo concreto, “Siamo in questo mondo insieme." Siamo “nudi insieme”.
In caso contrario, almeno per qualche mese, potrai comunque leggermi senza troppi vincoli. Insomma: non bisogna pagare per forza.
E in ogni caso ci sono anche diversi modi gratuiti e semplici per darmi una mano e farmi sentire meno un idiota…
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Ad ogni modo, se sei arrivato a leggere sin qui, hai già fatto tanto. Poco o tanto che sia hai contribuito a farmi sentire meno solo.
Ho letto tutto d'un fiato ❤ meraviglioso..credo che tu Davide sia una persona eccezionale e ancora grazie per tenerci aggiornate tante di noi non aspettavano altro...Anzi in cuor mio sapevo che prima o poi sarebbero arrivate notizie dei bambini ❤❤❤ Ancora Grazie 🙏 Italia chi la scordera' più 🥺 fantastica Donna e Mamma..
Piango con voi, Italia era una donna vera, anzi verace, bella dentro. Ci ha fatto entrare nella sua vita con gioie e dolori ed ora e' difficile uscirne. Penso a lei, ai vostri bimbi tutti i giorni. Un abbraccio grande e grazie per renderci ancora partecipi ♥️